L’Università degli Studi di Milano-Bicocca, nell’ambito del progetto ClimADA, si sta occupando dello studio delle carote di ghiaccio estratte dal Ghiacciaio dell’Adamello nel 2021.
Questo progetto, grazie ad un’ampia collaborazione tra enti scientifici e istituzionali e il contributo di Fondazione Cariplo, si pone l’obiettivo di ricostruire l’evoluzione climatica degli ultimi secoli, l’impatto antropico nell’area di alta montagna alpina, la dinamica delle specie vegetali, dei grandi incendi avvenuti negli ultimi secoli e in generale degli impatti antropici negli habitat di alta quota.
Dei primi risultati delle analisi sui 224 metri di carota estratta si è discusso lo scorso 23 maggio nel corso del Workshop Accademico presso l’Aula Marchetti dell’Ateneo.
Una mattina dedicata ai progressi del progetto ClimADA, in cui sono intervenuti i vari soggetti del partenariato coordinato da Fondazione Lombardia per l’Ambiente e composto dalla Comunità Montana di Valle Camonica, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Politecnico di Milano e Università degli Studi di Brescia.
In particolare, l’Università degli Studi di Milano-Bicocca ha fornito una panoramica dell’attività di analisi svolta nell’European Cold Laboratories Facilities (EuroCold Lab.) di Ateneo con un focus sulla I guerra mondiale, i fallout radioattivi, le analisi iperspettrali e la datazione dei tefra.
I Guerra mondiale
A circa 66 metri di profondità è stato identificato un livello scuro spesso una decina di centimetri che potrebbe rappresentare parte del segnale paleo-ambientale e storico del primo conflitto mondiale, combattuto in Italia tra il 1915 e il 1918.
Data l’estrema importanza dell’evento, si sta procedendo a uno studio a risoluzione centimetrica dell’intervallo. Nel ghiaccio, oltre ad una notevole quantità di polveri, sono preservati resti di polline di piante che crescevano a valle del ghiacciaio, carboni, spore di funghi, fitoliti e alghe che vivevano sul ghiacciaio.
Lo studio combinato di tutti questi archivi sta fornendo importanti indicazioni sull’evoluzione temporale del periodo e sulla possibile presenza umana e di animali sul ghiacciaio. Si stanno considerando anche i materiali che costituivano i proiettili e le armi che venivano usati dalle due controparti, nel tentativo di riconoscerne la presenza in loco.
Fallout radioattivi
A circa 23 metri di profondità troviamo l’evidenza dei test nucleari del 1963, riconoscibili da un picco di trizio (3H). La profondità di questo evento è nettamente inferiore rispetto a dove è stato rinvenuto in una precedente carota estratta nel 2016 (intorno ai 30 metri).
Si tratta di un’ulteriore evidenza della fusione del ghiacciaio in questi ultimi anni.
L’evento di Chernobyl, invece, è ancora in fase di analisi e si stanno cercando picchi di cesio (137Cs) nella porzione più superficiale del carotaggio. Possibili eventi di fusione superficiale potrebbero aver alterato l’integrità del segnale.
Datazione dei tefra ed eventi sahariani
All’interno della carota sono stati identificati alcuni livelli di tefra (vetri vulcanici prodotti durante le eruzioni) che permetteranno una datazione del ghiaccio a diverse profondità.
Alcuni livelli scuri all’interno della carota contengono polvere minerale proveniente dal Sahara che consentirà una ricostruzione della frequenza e delle variazioni di circolazione atmosferica durante gli ultimi secoli della storia climatica della Terra.
A questo scopo è stato identificato un minerale marker per i trasporti di polveri dal Nord Africa, la caolinite, argilla tipicamente legata ad ambienti di forte alterazione e rilevata tramite tecniche difrattometriche.
Infine, è corso la scansione iperspettrale dell’intera carota che porterà all’ottenimento di un record stratigrafico completo.
ClimADA è un progetto realizzato con il contributo di Fondazione Cariplo e il sostegno di Regione Lombardia, Edison, Valle Camonica Servizi Vendite e Bayer.
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